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De Nittis: una strada da Barletta a Parigi

De Nittis: una strada da Barletta a Parigi

Orfano dalla nascita

Giuseppe Gaetano De Nittis nacque a Barletta nel 1846, quarto figlio di don Raffaele De Nittis e donna Teresa Emanuela Baracchina.

Prima che nascesse arrestarono il padre per motivi politici che, dopo due anni, uscì di prigione e si suicidò.

Orfano dalla nascita visse con i nonni paterni. A quindici anni, già provvisto di volontà e carattere, si iscrisse all’Accademia di Belle Arti di Napoli contro il volere della famiglia.

Giuseppe il ribelle

In virtù della sua indole ribelle, Giuseppe fu espulso per indisciplina al secondo anno d’accademia. Era insofferente a qualunque tipo di nozioni ed esercitazioni accademiche. Insieme ad altri pittori voleva dipingere all’aria aperta i paesaggi della sua terra. Notato dal più anziano scultore e pittore Adriano Cecioni fondarono la Scuola di Resina, incentrata sul tema del realismo.

Matrimonio parigino

Si avvicinò ai macchiaioli di Firenze e girò l’Italia in lungo e in largo, isole comprese. Nel 1867, aveva 21 anni, si trasferì a Parigi e due anni dopo sposò Leontine Lucile Gruvelle. Leontine ebbe un’enorme influenza su Giuseppe perché il loro affiatamento era sincero e totale.

Lo stile “De Nittis”

De Nittis espose subito al Salòn imitando, nello stile, gli impressionisti che erano tanto di moda. Cecioni lo sgridò e lo riportò all’ordine, consigliandogli di seguire il suo talento e il suo stile personale.

Giuseppe lo ascoltò e nel Salòn del 1872 riscosse un grande successo per il quadro “Una strada da Brindisi a Barletta” (ora capite il titolo del post).

Onore e successo

Complice il suo stato sociale, De Nittis divenne “il pittore delle parigine” esponendo e ricevendo molti consensi. Fu addirittura insignito della Legion d’onore e una sua opera (Le rovine delle Tuileries ) fu acquistata dal governo per il museo di Lussemburgo.

Il suo stile

Anche lui fu influenzato dalle stampe giapponesi, una novità dell’epoca. Anche lui seppe assorbire i tagli innovativi della fotografia, la volontà di cogliere l’attimo, come fosse un reporter.

Per evitare le conseguenze della legge del 1848 contro gli assembramenti, escogitò un sistema bizzarro: comprò un “fiacre”, una carrozza chiusa. Voleva “riprendere” senza essere visto e da quell’osservatorio mobile registrava scene, persone e movimenti. Sperimenta ogni tipo di tecnica e di riproduzione: olio, acquarello, pastelli, gessetti, acquaforte, incisione ecc.

Un ictus lo interruppe a soli 38 anni nel 1884, nel pieno della sua ricerca.

Disse: Se mio figlio un giorno mi dovesse domandare dove trovare la felicità, gli risponderei: «Sii pittore, ma siilo come me».

Forse in mezzo alle nuvole, che sapeva rendere con un’incredibile varietà di bianchi, è là che dipinge felice.
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