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L’Arte e gli scandali fruttiferi

L’Arte e gli scandali fruttiferi

 

Perché l’arte contemporanea è incomprensibile?

Arte e scandalo

 

Nella seconda metà del 1800, grazie al contributo degli impressionisti, si iniziò a parlare di “scandalo” per un’opera artistica.

Se vogliamo essere precisi il primo “caso” provvisto di gran clamore fu creato da Edouard Manet, ricco rampollo nato nel lusso grazie al padre, alto funzionario del ministero della giustizia, e alla madre, figlia di un diplomatico, dipingendo “Colazione sull’erba”.

 

Manet sapeva benissimo che proponendo un pic-nic con una donna nuda in mezzo a due uomini vestiti avrebbe creato un vespaio.

 

I suoi esordi come pittore erano promettenti (vedi “il chitarrista spagnolo”), ma tutto sommato, come dicevano i suoi stessi colleghi, era meglio che si dedicasse ad altro, dipingere non era per lui.

E se non puoi stupire per i tuoi talenti quale strada puoi scegliere se la voglia di notorietà ti assilla un po’?

 

Facciamo un bello scandalo.

Uno scandalo come si deve, però, va costruito per bene.

 

Il quadro di Manet, come previsto, viene rifiutato dal “Salon”, ma se non puoi esporlo come crei scandalo?

 

Ricordiamo che fino ad allora, ed è stato così per secoli, l’arte non era attività per cerchie ristrette. Per “élite” diremmo oggi. Quadri e affreschi erano per tutti e l’arte permeava la vita e interagiva con la popolazione tutti i giorni. Nelle chiese, nei luoghi comuni, nelle piazze e per gli artisti era un dovere e un piacere farsi capire da tutti.

 

Come oggi un film per il cinema o la televisione.

In aiuto a Manet arriva Napoleone III, che nel 1863 organizza il “Salon des Refusés” dove tutte le opere rifiutate dall’Accademia si potranno esporre addirittura nel palazzo dell’industria, sempre a Parigi.

 

Il gioco è fatto.

La gente vede il quadro e lo scandalo si propaga.

Da quel momento scandalizzare e rivoluzionare entra nei programmi di tutte le avanguardie che non hanno più alcun interesse a farsi comprendere.

 

Chi non capisce è ignorante per definizione, nel senso che ignora i veri e profondi significati dei veri artisti. Il discorso artistico viene mediato e interpretato da critici e curatori d’arte, galleristi con solide amicizie tra i direttori dei musei e un ridottissimo pubblico di “fruitori” e “investitori” che hanno gli strumenti intellettuali o economici per “capire”.

 

L’artista non ha più come riferimento tutti noi, la gente, ma i musei e le persone che contano nel “giro” della diffusione artistica.

Scandalizzare è un volano sicuro per avere visibilità, quella che oggi chiamiamo “audience”.

E da allora via!

 

Con Duchamp dove il suo “orinatoio/fontana” non ha nemmeno bisogno di essere esposto da nessuna parte per diventare “l'opera d'arte più influente del ventesimo secolo”, con Piero Manzoni e la “Merda d’artista” in scatolette nei maggiori musei, fino agli animali a fette in formalina di Damien Hirst, ai bambini impiccati di Cattelan (o la banana appiccicata, scegliete voi) e i falsi graffiti murali di Banksy che in realtà sono “stencil” preparati in laboratorio e perfettamente autorizzati.

 

Tutti artisti con quotazioni da capogiro, con sofisticate motivazioni concettuali, che non piacciono al 99% delle persone (meglio così), che contestano il sistema museale dall’interno dei musei e, sostanzialmente, appartengono a un circuito autoreferenziale.

 

Ottimo viatico per movimenti di denaro sul modello dei due amici, Moishele e Ainslee, che si vendono lo stesso quadro a turno nella barzelletta di Moni Ovadia.

In questo modello, meno l’arte si capisce e meglio è, a tutela di un sistema dove molti pagano (il loro bravo biglietto in decine di mostre inutili se non dannose o con parte delle imposte destinate ai “beni culturali”) e pochi guadagnano molto.

 

Oggi al povero Van Gogh (massacrato dallo sfruttamento massivo postumo) che voleva ardentemente solo essere capito, consiglierebbero un bel “happening” in cui tagliarsi un orecchio in diretta streaming.

I suoi quadri? Troppo comprensibili.

A.G. Fadini

www.pitteikon.com

 

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