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L’Arte e le dimensioni alterne.

L’Arte e le dimensioni alterne.

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Com’è noto, nella realtà le dimensioni visibili sono tre: altezza, larghezza e profondità. Gli scultori non hanno problemi perché, da sempre, le usano tutte e tre.

La pittura e le rappresentazioni grafiche, invece, ne hanno a disposizione due.

Nella preistoria gli uomini avevano una vista che noi nemmeno possiamo immaginare e nei graffiti possiamo vedere che già allora si praticava una specie di “chiaroscuro”, perché volevano simulare la profondità degli animali.

I pittori greci e romani conoscevano benissimo e spesso mettevano in pratica sia il chiaroscuro che il gioco delle distanze, per simulare la profondità.

Gli egiziani non solo, invece, preferivano una rigorosa bidimensionalità, ma, tipo i cubisti del 1900, addirittura ribaltavano alcune forme per descriverle meglio.

L’arte bizantina, che è durata secoli, esigeva solo due dimensioni e annullava qualsiasi possibile profondità con i suoi fondi blu e oro.

Poi ti arriva Giotto di Bondone.

Il geniale pittore della fine del 1200 sdogana definitivamente la terza dimensione, dando corpo alle figure, inserendo architetture e paesaggi e, non contento, descrivendo anche le emozioni e gli stati d’animo, con gesti e movimenti d’espressione sui visi dei personaggi.

Non a caso nella storia dell’arte Giotto viene preso come il punto di partenza dell’arte occidentale.

E qui per ben 700 anni i pittori di tutta Europa considerano regola la simulazione dell’ambiente reale a tre dimensioni, usando chiaroscuro, prospettiva, ombre, luci e tutti gli accorgimenti tecnici, per dare l’illusione di una presenza reale.

Già con i tre big del Rinascimento, Leonardo, Raffaello e Michelangelo, il corredo tecnico raggiunge il massimo e diventa “Accademia”.

Tutto bene fino alla metà del 1800, quando i pittori iniziano a considerare più “espressivo” usare solo due dimensioni e il ritorno a tinte piatte, anche sotto l’influenza del “giapponismo”, che tanto colpì anche Van Gogh, e l’abolizione di tutti gli artifici tecnici per dare volume alle figure.

La pittura è a due dimensioni? Bene, allora usiamone solo due e diamo spazio a colori e linee in libertà.

Liberati anche dal “mestiere” di dover descrivere, grazie alla fotografia, la pittura si è scelta una strada dove la realtà esterna non interessa o, tutt’al più, è un optional compositivo. Fine della “mimesi” e della terza dimensione.

Contemporaneamente l’arte si è liberata del proprio “pubblico” come era avvenuto per millenni, ovvero di tutta la gente che guardava all’arte come parte integrante della propria vita.

Si è auto-confinata in un ristretto cerchio museale-mediatico-finanziario, dove chi è all’interno del cerchio è bravo, evoluto, colto e intelligente, chi lo contesta, non lo capisce o rifiuta è un ignorante.

Se consideriamo l’arte figurativa, viviamo oggi una fase di elaborazione e sperimentazione tutta concettuale.

Iper-realisti a parte, dove con i potenti mezzi tecnici di oggi chiunque dotato di pazienza e un minimo di manualità può diventare iper-realista, siamo in attesa di qualcosa di nuovo che parli a tutti noi.

Nella speranza che quanto dichiarato a turno da eminenti critici e studiosi, ovvero che l’arte (figurativa) è morta, si riveli falso

Fadini

www.pitteikon.com

 

 

 

 

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