
La polvere di Evaristo
La polvere di Evaristo
Evaristo Baschenis fu pittore nel ‘600. Nasce a Bergamo nel 1617, muore a Bergamo nel 1677.
Ho vissuto molti anni a Bergamo e una delle battute a dileggio dei bergamaschi è: “…ma vieni dalla Val Brembana?...”.
Baschenis veniva dalla Val Brembana, ma i suoi quadri sbugiardano questa battuta (almeno per lui).
È vero che tutta la dinastia dei Baschenis è fatta da pittori fin dal 1400, però non è un caso che il più famoso sia Evaristo.
Non segue le orme dei parenti e non si dedica ad affrescare chiese, ma inventa addirittura un genere pittorico: la natura morta (nome che odio) a tema musicale.
In sintesi, dipinge, oltre a suppellettili vari, strumenti musicali. Il nostro Baschenis è anche musicista, dunque approfitta della sua passione.
Intorno ai 23 anni, o poco dopo, prende i voti e diventa “reverendo”.
Questa condizione di “ecclesiastico” gli consente di avere tutto il tempo che vuole per dipingere e di viaggiare a piacere.
Oggi diremmo che la sua tecnica è “iperrealista”: è capace di dipingere i dettagli in modo stupefacente. Al confronto, però, gli iperrealisti di oggi fanno una figura da dilettanti.
Nel 1600, infatti, non c’era la fotografia, non c’era Photoshop, nessun tablet e nemmeno ingranditori e stampanti plotter.
Solo la sua mano, i colori (nemmeno in tubetto) e la tela. Tutt’al più una camera ottica per aiutarsi nella prospettiva, che comunque è perfetta.
Un esempio per tutti? La polvere.
Nelle mandole o violini rovesciati Evaristo dipinge un velo di polvere.
Vien voglia di toglierla col dito…
Di fronte a tecnica così abile si può davvero parlare di Arte. E tutti gli artisti che si etichettano tali affettando pecore, proponendo ricami, palloncini a coniglietto o appiccicando banane possono davvero ringraziare “la chiacchiera concettuale” che li ha miracolati negli anni 2000.
La polvere di Evaristo è un fatto.
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