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La realtà di Degas

La realtà di Degas

Nato ricco da nobili banchieri francesi segui, come al solito, le volontà del padre che lo voleva magistrato. Pochi giorni dopo aver conseguito la laurea in giurisprudenza si iscrisse come copista al Louvre.

L’arte si impose anche alle idee del padre che decise di sostenerlo purché si applicasse con impegno alla sua passione. Si confezionò un personale “Grand Tour” in Italia e tornò in Francia per i richiami del padre dopo più di 3 anni in cui assorbì, copiò, imparò tutto ciò che poteva dall’arte italiana.

La sua scelta stilistica era matura: Degas voleva “riprendere il reale” così com’era e nulla più. Appassionato di fotografia diede ai suoi quadri un taglio da “istantanea” tagliando senza problemi figure, scene e ambienti, non preoccupandosi della struttura compositiva se non a posteriori.

Malgrado il suo credo, la profonda amicizia con Manet e la frequentazione degli impressionisti, la sua pittura ne era il contrario. Immediatezza, tocco di pennello senza ripensamenti e spontaneità per gli impressionisti; disegno, schizzi preparatori e fotografie per Degas.

Man mano Degas perse gli amici e la sicurezza economica alla morte del padre. Il suo carattere particolare lo allontanava dagli altri sempre di più. Nel celebre “Caso Dreyfus” lui fu con forza contro l’ufficiale ebreo accusato ingiustamente: restò solo.

La vita gli toglie anche ciò che per un pittore è tutto: la vista. Non gli restò più nulla. A noi restano le immagini dei suoi quadri a raccontarci la realtà del suo tempo e le emozioni di questo grande pittore.

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