
Pissarro, il “padre” degli impressionisti e oltre.
Posteri a parte, chi fu il pittore contemporaneo che scoprì Van Gogh e che subito affermò che Vincent era un genio? Jacob Abraham Camille Pissarro.
Un francese alle Antille
Camille nasce il 10 luglio 1830 nelle Isole Antille da padre franco-portoghese e madre creola nativa dell’isola. Il padre aveva raggiunto l’isoletta per succedere a un suo zio titolare di una piccola bottega.
A dodici anni il padre lo invia a studiare in Francia vicino Parigi. Gli insegnanti si accorgono del suo talento artistico e Pissarro si appassiona al disegno e alla pittura. Tornato alle Antille il padre lo riporta all’ordine, perché ritiene che occuparsi della bottega sia il giusto futuro per suo figlio Camille.
Finché Fritz Melby, un pittore danese, arriva sull’isola. Fritz diventa amico di Camille e lo convince a seguire la sua passione per l’arte.
Fuga in Venezuela
Camille, allora, fugge in Venezuela e dipinge alacremente per pagarsi il viaggio per l’Europa. Di fronte all’evidenza il padre cede e asseconda il desiderio del figlio.
Pissarro arriva a Parigi nel 1855 in pieno fervore artistico e sede, proprio in quell’anno, dell’”Esposizione universale”. Frequenta assiduamente la Scuola di Belle Arti e l’Academié Suisse.
Presto Camille diventa insofferente sia agli studi accademici che al sistema autoreferenziale dei Salons, dove poteva esporre solo chi si adeguava alla tradizione accademica.
Padre degli impressionisti
Pissarro è in buona compagnia: Monet, Guillamin, Cézanne e altri artisti la pensano come lui. Pissarro ha un carattere aperto e gioviale, un atteggiamento positivo e Cèzanne diventa suo amico fraterno al punto che si firma: “Cezanne, allievo di Pissarro”.
È l’unico pittore che espone i suoi quadri in tutte le “Esposizioni indipendenti”, un punto di riferimento per tutti gli impressionisti. Ha dieci anni di più e gli altri si rivolgono a lui per consigli, per parlare e trovano sempre una parola luminosa.
Così per molti viene considerato il “Padre dell’Impressionismo”, ma in realtà questo titolo, pittoricamente, spetta a Monet.
Curiosità e sperimentazione
Pissarro non è pienamente impressionista. Se da un lato è d’accordo sulla mobilità della luce e sull’importanza innovativa degli effetti cromatici, dall'altro le sue composizioni sono ben costruite e “pensate”.
Dice spesso: «Bisogna eseguire molto per rendersi la cosa familiare», rifiutando la poetica dell’attimo e dell’immediatezza promossa da Monet e compagni.
Pissarro è uno sperimentatore e ama provare ogni tipo di tecnica e di materiale. Finita la spinta propulsiva degli impressionisti viene attratto dal “pointillisme” di Seurat.
Malgrado l’età, si gettò a capofitto nella pittura divisionista che partiva da considerazioni scientifiche: creare i colori accostandoli, e non mischiandoli sulla tela lasciando poi all’occhio il compito di creare la visione finale.
Ritorno a… “Camille”
Questa tecnica, però, richiede un approccio soprattutto teorico e per fare un quadro “a puntini” ci vuole moltissimo tempo, il contrario dell’indole energica di Pissarro e della sua necessità di entrare in relazione immediata con la natura.
Scrive: «Quella neo-impressionista era una tecnica che non mi consentiva di essere ligio alle mie sensazioni e che, pertanto, mi impediva di rappresentare la vita, il movimento: né potevo essere fedele agli effetti ammirevoli e caotici della natura, o magari conferire un carisma al mio disegno ... Alla fine ho rinunciato.»
Un pittore alla finestra
Camille torna alla “sua” pittura. Una malattia agli occhi riduce drasticamente la sua attività e gli vieta il dipingere in “plein air”, ma lui senza perdersi d’animo si organizza per dipingere alla finestra.
Pare ancora di vederlo da mattina a sera, un vegliardo dalla lunga barba bianca, davanti alla finestra e al cavalletto, la tavolozza in mano, lo sguardo acuto e sereno.
Morì a Parigi il 13 novembre del 1903.
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