Quando Fattori si diede alla “macchia”
Giovanni Fattori nacque a Livorno il 6 settembre 1825. Il fratello Rinaldo, di 15 anni più vecchio, titolare di un avviato banco di affari gli fece da padre. Giovanni abbandonò gli studi e andò a lavorare dal fratello dove imparò a leggere e scrivere.
Indiscutibili inclinazioni artistiche spingono la famiglia, pur se disagiata, ad iscriverlo alla scuola privata di Giuseppe Baldini (l’unico pittore in città).
Ma Giovanni con Baldini non si ritrova. Lo giudica vanitoso, frivolo e inconcludente. Si trasferisce perciò a Firenze per studiare all’Accademia di Belle Arti.
Ed è qui che si consolida la sua personalità di uomo e di artista. Con i compagni di corso frequenta il “Caffè Michelangelo” dove si parla d’arte e di rivoluzione. Ancora restano famosi i feroci scherzi che Fattori era capace di infliggere alle sue malcapitate vittime.
La netta opposizione dei genitori lo salvarono dalla guerra a cui Giovanni voleva partecipare con entusiasmo.
Fattori non amava la “storia dell’arte” e nemmeno gli impressionisti francesi. Lui preferiva il “verismo”. “Il verismo porta lo studio accurato della Società presente, il verismo mostra le piaghe da cui è afflitta, il verismo manderà alla posterità i nostri costumi e le nostre abitudini”. Nel suo celebre dipinto “La battaglia di Magenta”, che contribuì alla sua fama, il suo obiettivo non è rivolto a gloriose azioni di eroismo, ma al trasporto dei feriti dopo la battaglia.
Lo stile è particolare e ha un punto fermo: la macchia. Per Fattori non esistono le linee di contorno, ma la sua osservazione della realtà gli dice che la corretta rappresentazione di ciò che si vede deve farsi attraverso macchie di colore. L’occhio è colpito solo dai colori. Quindi niente sfumature o chiaroscuri ma giustapposizione di colori da accordare tra loro in base al “tono”, al “valore” e al loro conveniente “rapporto”. Difatti nel reticolo disegnativo di Fattori le linee di contorno non esistono.
La sua riflessione sulla quotidianità fu condotta sempre con rigore e autenticità, anche quando, ormai famoso, frequentò la tanto odiata “casta aristocratica”.
Contadini, vita campestre, aspetti meno appariscenti e più scabrosi della realtà del tempo. La natura, per Fattori, è tutt’altro che idillio campestre, ma una realtà crudele e ostile dove uomini e animali sono compagni nel loro destino di sofferenza.
Fattori lasciò un segno forte e tangibile su numerosi artisti come Pelizza da Volpedo e il concittadino livornese Amedeo Modigliani.
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