Renoir e il felice mestiere di dipingere
Pierre-August Renoir, per la mamma solo August perché Pierre Renoir ha troppe “erre”, nacque nel 1841 a Limoges il paese delle porcellane. La famiglia, modesta ma laboriosa, si trasferì a Parigi quando August aveva solo 3 anni.
Il piccolo Renoir visse un’infanzia felice e spensierata. Quando iniziò a frequentare la scuola si rivelarono in lui due notevoli talenti. Aveva una voce melodiosa e dotata, al punto che gli insegnanti sollecitarono la famiglia ad iscriverlo gratuitamente addirittura alla scuola di canto dell’Operà.
Nelle giornate di pioggia il piccolo August era solito rubare i gessetti del padre (che era sarto) e disegnare di tutto e di più. Tanto erano belli i suoi disegni che il padre, malgrado il costo proibitivo, comprò blocchi e matite per incoraggiare il figlio a diventare pittore e decoratore di porcellane.
Così la famiglia declinò la generosa e rara offerta del maestro di musica Charles Gounod per vedere, un giorno, il loro figlio diventare pittore. Orgoglioso e felice il piccolo Renoir si scatenò coltivando il suo talento artistico.
A soli tredici anni entrò come apprendista pittore in una manifattura di porcellane distinguendosi per le sue composizioni floreali e la complessità delle sue creazioni.
La manifattura, purtroppo, chiuse e Renoir si trovò senza lavoro. Non si perse d’animo e si arrangiò in proprio dipingendo ventagli e stoffe. In poco tempo fu benvoluto e richiesto da tutti, perché si faceva apprezzare per i suoi soggetti così belli e luminosi.
Intanto non smetteva di studiare pittura e nelle pause correva al Louvre per assorbire il meglio dai capolavori esposti. Con i soldi che Renoir aveva messo da parte si iscrisse anche all’École des Beaux-Arts e privatamente dal pittore Gabriel Gleyre.
Renoir assorbiva tutti gli insegnamenti classici e accademici con fervore, ma il suo tocco e il suo tratto rimanevano veloci, briosi, effervescenti.
Ai rimproveri del compassato maestro, August rispose: «Se non mi divertisse La prego di credere che non dipingerei affatto».
Questa è la chiave di volta dell’opera di Renoir.
Amico fraterno di Bazille, Monet ecc. fu interprete convinto e spontaneo dell’impressionismo. Questo, però, solo nella misura in cui il suo “mestiere” di pittore coincideva con questa corrente pittorica. Renoir era totalmente estraneo ai manifesti concettuali e ai programmi intellettuali: Renoir dipinge.
Dipinge alla sua maniera e questo gli basta.
Per lui la pittura è un mestiere come la falegnameria, la lavorazione del ferro ecc. niente di meno. Si definiva “operaio della pittura”.
In tempi di teorie, dottrine, estetiche e metafisiche l’opera di Renoir si sviluppa giorno per giorno esattamente come cresce e sboccia un fiore.
Una poetica, se così possiamo chiamarla, che parte dall’intima felicità di Renoir che da pittore vuole trasmettere con i suoi quadri, dal primo all’ultimo che ha realizzato.
In tarda età stupiva i ventenni per la sua vista acutissima indicando loro piccoli uccelli o particolari del paesaggio che, malgrado le indicazioni, non riuscivano a vedere.
E quando fu colpito violentemente dall’artrite reumatoide, credete che si sia perso d’animo? Si fece legare i pennelli alle dita e di buona lena al “lavoro”.
In fondo la lezione di Renoir è che nulla può fermare un pittore felice di dipingere.
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