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Un’immagine ci seppellirà

Un’immagine ci seppellirà

La frase originale, di autore ignoto, parla di risate, ma la realtà pare abbia scelto altri mezzi.

D’altra parte, prevedere fenomeni del futuro è impossibile e chi ci ha provato ha raccolto figuracce memorabili.

Parliamo di persone ritenute il massimo dell’intelligenza.

Einstein nel 1932 affermò: “Non c’è la minima possibilità di sviluppare energia atomica”, mentre nel 1981 Bill Gates assicurava che computer da 640K sarebbero stati sufficienti per chiunque (oggi 640k non bastano nemmeno per conservare una foto molto piccola).

E gli esempi sono davvero tanti e memorabili.

Tornando alle immagini, referenziati studiosi hanno calcolato quante immagini create dall’uomo, cioè quadri, disegni, affreschi e dal 1850 in poi fotografie, possa aver visto un uomo del passato rispetto a noi oggi.

Ovviamente, i risultati sono tutti molto referenziati e molto diversi.

Per il ragionamento che stiamo svolgendo possiamo fare da noi.

Prendiamo un uomo del 1700 non particolarmente ricco. La sua vita si limitava alla città natìa e aggiungiamo qualche viaggio o pellegrinaggio in città, tanto per esagerare.

Tre o quattro chiese (in nord Europa spoglie, quindi niente immagini) un municipio o visita a casa di ricchi: il totale di immagini, che poi possiamo parlare solo di quadri e affreschi, raggiunge a fatica il numero cento.

Cento immagini in una vita intera.

In quanti minuti facciamo passare cento immagini su Instagram o su Facebook?

E non ho voluto inserire cinema e televisione per non complicarmi la vita in calcoli matematici, ma il concetto è comunque chiaro: un’enormità di immagini affolla le nostre menti.

Da un’esistenza da cento immagini a vita a una da milioni di immagini a vita.

Una seconda rivoluzione per immagini, diciamo così, ha due attori ben precisi: internet e smartphone.

La rete a cui tutti abbiamo accesso ci permette di vedere e trovare quasi tutto. Quasi perché immagini e contenuti drammaticamente significativi ci sono vietati, non li troviamo. Provate a cercare “siria guerra” e capirete al volo ciò che intendo.

Profusione di macerie, fumi, luci, qualche bambino vivo che piange, soldati, ma mancano le immagini del significato principale della guerra per la povera gente: la morte.

Per l’utente normale è impossibile trovare immagini che rappresentino “il vero” di una guerra che, purtroppo, non sono solo le macerie.

La “censura” o “auto-censura” funziona benissimo.

Precisiamo: non sto parlando di foto che mostrino solo cadaveri, ma immagini che “raccontino” la realtà di questa guerra. Dove sono i campi di concentramento? Dov’è la miseria? Dove sono i racconti per immagini dei bombardamenti che hanno creato quelle macerie?

Rimosse.

Non vorrebbero mai che ci formassimo un’idea sbagliata dell’esportazione di democrazia.

Il secondo “attore” di questa rivoluzione è il telefonino, che oggi è una macchina fotografica.

Oggi siamo tutti fotografi.

Così come l’invenzione della fotografia ha stravolto (per molti ucciso) la pittura, così la diffusione capillare della fotografia, immediatamente pubblicata e diffusa in ogni dove, ha stravolto (e forse ucciso) la fotografia stessa.

Un esempio?

Da studente di fotografia il docente vi invita a fare una bella foto di un tramonto. Vi munite di una bella macchina fotografica digitale (se costa meno di 10.000 euro ha meno pixel di alcuni smartphone da 600 euro) e di obiettivi vari, vi scegliete un posto suggestivo e aspettate il calar del sole.

Intanto che aspettate fate come Penelope Umbrico.

Cercate “tramonto” su Flickr. In una sola lingua e in una sola piattaforma di ricerca (Flickr) vi compariranno più di 30 milioni di foto.

Potete dividerle per colore dominante, orientamento, località, data, ora e formato.

Se pensate che scattare la 300 milionesima foto (non ho sbagliato di uno zero, ho aggiunto altre lingue alla ricerca per difetto) abbia un senso, aspettate il tramonto e fate click, altrimenti tornate a casa e cercate con attenzione: magari la foto che volevate scattare c’è già.

Penelope Umbrico ha scelto di tornare a casa e raccogliere le foto a suo gusto e farne dei collage. Non ha fatto nemmeno un click. Mostre, installazioni e persino un bel libro con 100 foto (non sue) a 50 euro.

Penelope sa benissimo che la sua riflessione concettuale a critica di questa realtà ha avuto il risultato di aggiungere altre foto-collage di tramonto ai milioni di tramonti esistenti.

Ora in flickr c’è anche lei. E senza aver fatto nemmeno una foto.

Una realtà di questo genere pone degli interrogativi fondamentali per tutti coloro che fanno arte, producono immagini e comunque vivono in questo tempo.

Crea nuovi criteri e nuove necessità ”ecologiche”.

Chiudo qui questo post (altrimenti mi diventa un libro) e proseguirò i miei ragionamenti sulle immagini in altri post a seguire.

Intanto, prima di farvi un selfie, consultate internet.

Magari qualche telecamera di sorveglianza vi ha già immortalato, proprio come volevate voi, e potete risparmiare un click anche voi.

 

 

 

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