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Celebro te e celebro anche me

Celebro te e celebro anche me

 

Lezione di anatomia del dottor Tulp.

 

Il quadro, molto noto, è grande: cm 169 x 216 e fu commissionato nel 1632 dalla “Gilda” dei medici a Rembrandt Van Rijn che, come i nostri Michelangelo e Raffaelo, sarà conosciuto solo con il nome: Rembrandt.

 

In una lettera a un committente è proprio Rembrandt a spiegare quale è l’obiettivo della sua arte: “Esprimere l’emozione più grande e naturale”.

La traduzione con il significato autentico è ancora oggetto di dibattito, ma in sintesi la capacità di Rembrandt di unire il dato reale ai moti dello spirito è la sua grande qualità.

 

Il quadro è celebrativo e ritrae il dottor Nicolaes Tulp durante una lezione di anatomia mentre disseziona un cadavere.

I nomi dei partecipanti sono elencati in un libro tenuto in mano dall’assistente e quindi precisamente identificati, compreso il cadavere, che apparteneva a un noto criminale appena giustiziato.

 

Luce e ambientazione lasciano spazio a una sola possibilità: esplorare i volti dei partecipanti, restando davvero incantati.

 

Le espressioni trasmettono perfettamente le emozioni complesse, realizzate attraverso la mimica del viso: ribrezzo, sorpresa, curiosità, orgoglio di essere lì presente, uno sguardo superiore a una fotografia perché ogni protagonista è dipinto nella compiuta espressione caratteristica, cosa che in una foto è quasi impossibile da raccogliere nello stesso istante.

 

Per uno come Rembrandt, che dipinse più di 100 autoritratti tra dipinti, acqueforti e disegni, però, non poteva mancare l’occasione per inserire un particolare che allo stesso tempo celebrasse sé stesso.

 

E si tratta proprio del punto centrale del quadro, ovvero i tendini che il dottor Tulp sta mostrando, prendendoli con una pinza, ai suoi dotti colleghi.

 

Quei tendini sono quelli che consentono il movimento delle dita e, più precisamente, quelli che permettono di compiere il gesto che il dottor Tulp mostra con la mano sinistra, che è esattamente lo stesso gesto che occorre a un pittore per tenere in mano il pennello.

 

In questo modo simbolico, Rembrandt vuole affermare pari dignità tra il mestiere di medico e quello di pittore.

Andrea Giuseppe Fadini

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