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Gli occhi di Monet

Gli occhi di Monet

Un raro filmato ci mostra Claude Monet mentre dipinge: muove continuamente la testa dal soggetto alla tela, come fanno tutti coloro che stanno “copiando” dal vero.

 

Per Monet la pittura era cogliere l’impressione del dato reale dipingendo le “macchie” di colore che si formano attraverso la luce.

Cambia la luce, cambiano i colori e così Monet dipinge la stessa inquadratura in ore diverse per catturare i diversi colori che un identico soggetto può dare.

 

Le opere dell’ultimo periodo sono spesso considerate un’anticipazione dell’arte astratta. Difficile riconoscere che cosa Monet ha dipinto.

Credo però che non sia così. Monet non voleva essere “astratto”. Un quadro astratto (per definizione) non raccoglie il dato reale, ma parte dalla mente.

 

Monet partiva dagli occhi.

È noto che Monet soffrì di cataratta e in ultimo erano i suoi aiutanti a preparare la tavolozza posizionando i colori secondo un preciso ordine in modo che Claude Monet potesse sapere che colore fosse.

 

Una piccola nota autobiografica.

Già al liceo (artistico di Brera) portavo gli occhiali perché ero miope. Eravamo solo in due con questo difetto e ci prendevano in giro.

Come risposta avevamo pensato di replicare “Noi, se togliamo gli occhiali, vediamo cose che voi non potete immaginare” (Blade Runner sarà girato dieci anni dopo), riferendoci alle sfocature e agli effetti che vede un miope se toglie gli occhiali. Funzionava.

Penso che Monet non abbia mai abbandonato la volontà di dipingere “ciò che vedeva” e ciò che vedeva, con gli occhi che aveva, è riprodotto nei quadri dell’ultimo periodo.

 

Intendiamoci: Monet era perfettamente consapevole del risultato e penso che non vedere più bene gli abbia regalato una maggiore libertà e abbandono al colore puro, alla “pittura”.

 

Chi dipinge conosce questa sensazione.

A volte è la pittura che si serve di chi dipinge e lo porta a raccontare e svelare mondi diversi che alla mente razionale sono preclusi.

Astratta o no poco importa, è qui che possiamo trovare l’Arte.

 

Andrea Giuseppe Fadini

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