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100 Rembrandt su Rembrandt

100 Rembrandt su Rembrandt

 

 Sul numero di opere dipinte da Rembrandt non c’è alcuna certezza. Il suo modo particolare di dipingere, l’uso di firme diverse nel tempo, l’abitudine di firmare anche quadri dei suoi allievi hanno complicato molto la vita agli esperti.

Se ne contano da 300 a 400 di sicura attribuzione. 100 dei quali sono autoritratti.

Questa ininterrotta produzione di quadri “selfie” ci racconta la vita di Rembrandt per immagini, grazie alla sua capacità introspettiva e comunicativa.

Mi ricorda le foto di Tian Jun e suo figlio Tian Li che ogni anno si sono fotografati per circa 40 anni nella stessa posa; vedere le foto in successione crea emozione e fa pensare.

Figlio di un mugnaio

Rembrandt Harmenszoon van Rijn nacque il 15 luglio 1606 a Leida nei Paesi Bassi. Il padre mugnaio e la madre fornaia erano benestanti e senza alcun problema economico malgrado 10 figli, di cui solo 6 sopravvissuti (Rembrandt era il quarto).

Così Rembrandt si iscrive all’Università di Leida, ma il suo talento esplosivo non lascia scampo ed eccolo a bottega da uno dei pittori più importanti del posto, Jacob van Swanenburgh.

A 21 anni, insieme a un suo collega, già apre uno studio suo e inizia a prendere addirittura degli apprendisti. Solo due anni dopo conosce Constantijn Huygens, statista e poeta che lo introdusse alla corte reale dell’Aja.

Il principe continuò ad acquistare i suoi quadri fino al 1646.

Il gioco è quasi fatto. Rembrandt si trasferisce ad Amsterdam, ospite del mercante d’arte Hendrick van Uylenburgh, si sposa, quasi di contrabbando, con la cugina Saskia. Grazie alla posizione di Saskia non ci sono problemi economici, ma molte difficoltà personali.

Su quattro figli solo uno riesce a sopravvivere (Titus) e poi Saskia si ammala e nel 1642 muore, probabilmente di tubercolosi.

I disegni di Rembrandt su Saskia morente sono tra le sue opere più commoventi.

Nulla per il verso giusto, tranne la pittura

Da questo momento la vita economica di Rembrandt tracolla.

L’infermiera Geertje Dircx accusa il pittore di non aver mantenuto la promessa di sposarla. Per tutta risposta Rembrandt la fa rinchiudere in manicomio.

Intraprende una relazione con la sua domestica, che attirò sulla donna un rimprovero ufficiale della “chiesa riformata olandese” poiché “viveva nel peccato”.

Rembrandt se la cava perché non è credente, ma è indebitato proprio con alcuni anziani della Chiesa. Vivere al di sopra delle proprie possibilità presenta il suo conto nefasto.

Rembrandt perde la casa, il suo torchio da stampa, i suoi quadri e tutto ciò che aveva e si deve rifugiare dal figlio Titus, che lo dichiara come suo “impiegato” per proteggerlo dai creditori.

Sopravvive al figlio e alla sua compagna che vengono uccisi dalla peste e, dopo un anno, il 4 ottobre 1669 muore anche lui a 63 anni.

Rembrandt "profiler"

I tratti caratteristici della grandezza nella pittura di Rembrandt si possono riassumere in due punti:

- Uso della luce

- Straordinaria comunicatività psicologica.

Non c’è alcun dubbio che Rembrandt abbia attinto a piene mani dalla lezione di Caravaggio, molto apprezzato in Olanda in quel momento. I tagli di luce e la gestualità dei personaggi del pittore olandese ricordano molto da vicino quelli del grande maestro milanese.

La sua tecnica capace, al tempo stesso, di avvalersi di pennellate veloci e leggere e di curare i minimi dettagli creano movimento, animano la scena in modo mai visto prima soprattutto nella tradizione nordica.
 

Ma davvero eccezionale, dagli autoritratti a quadri storici e di genere, è l’approfondimento psicologico. Ogni personaggio è realizzato per farci sapere chi è e cosa sta pensando. Il viso, l’espressione, la comunicazione non verbale dei gesti e della postura, fino ai particolari dell’abbigliamento, sono un intero racconto.

Ebbe la capacità di leggere l’animo umano e di saperlo trasmettere in un disegno, in un dipinto.
          

Disse: “Scegliete un solo maestro. La Natura”. E Rembrandt, dalla sua maestra, non ha mai smesso di imparare.

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