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Perché un doganiere divenne un artista famoso?

Perché un doganiere divenne un artista famoso?

 

Il primo motivo che viene in mente per rispondere alla domanda di questo post è che Henry Rousseau, detto “Il Doganiere” per via del suo lavoro, fosse un abile pittore.

Così non è.

 

Nel suo caso il celebre ritornello di molti visitatori di arte moderna “…questo lo so fare anch’io” trova ragione: moltissimi possono dipingere come Henri Rousseau.

La prima differenza è che lui…  lo ha fatto.

 

Siamo a Parigi agli inizi del 1900 e da quasi 60 anni un signore che vive di impieghi saltuari, piccoli furtarelli maldestri ed espedienti si propone come pittore.

Ispirato (o potremmo dire copiando come può) dai quadri del pittore olandese Frans Post, realizza vedute esotiche del Brasile.

 

Critici, mercanti e gli altri pittori non lo considerano proprio: nessuno studio, nessuna prospettiva, nessuna proporzione, solo figure e vegetazione affiancate così come gli riusciva.

 

Ogni epoca, però, ha i propri miti. Oggi una bandana in testa, qualche insulto urlato e parole in libertà possono farci diventare dei personaggi televisivi invitati in tutte le trasmissioni. Basta un po’ di fortuna e avere un amico che lavora in tv al posto giusto.

 

In quel periodo, a Parigi, nasce il mito del “primitivo”, dell’espressione genuina senza i condizionamenti delle accademie, di chi, ignorando qualsiasi regola o sapere, crea in assoluta libertà la propria “arte”.

 

Un po’ di fortuna, essere notato da Picasso e il gioco è fatto.

 

Tutto ciò che prima era motivo di critica e derisione diventa “ispirazione”, “simbolo”, ingenuità e mancanza di scuola diventa “partecipazione inconscia ai fermenti innovativi dell’arte”, ritorno alle origini e così via.

 

Apollinaire, Redon, Gauguin, Delaunay, Braque fino a Kandinskij, trovano significati e profondi motivi di elogio per le opere di Henri.

 

Meglio tardi che mai, recita un proverbio. Rousseau morì poco dopo e a noi restano i suoi quadri, ormai entrati nell’Olimpo dell’arte che, forse, sapremmo fare anche noi… o no?

Andrea Giuseppe Fadini

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